Il Progetto

Finanziato dall’Unione Europea, dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Interreg V-A Italia-Austria 2014-2020, p-care è un progetto collaborativo transfrontaliero contro il cancro. I partner di questo progetto lavorano insieme, senza frontiere, per affrontare una delle più grandi sfide della medicina anti-cancro: la resistenza dei tumori alle terapie.

Il nostro obiettivo è rompere le barriere che limitano l’efficacia delle terapie anticancro e, in ultima analisi, migliorare la vita dei pazienti e ridurre la spesa sanitaria per la cura dei tumori.

Il progetto, che ha ottenuto l’approvazione dei comitati etici italiani e austriaci competenti, prevede di

  • accelerare l’acquisizione di nuove conoscenze sui diversi meccanismi biologici responsabili della farmaco resistenze dei tumori,
  • disegnare e validare nuove strategie terapeutiche e
  • mettere a disposizione della comunità medico-scientifica le conoscenze acquisite e le risorse generate.

La strategia di p-care si basa sullo sviluppo e l’impiego di modelli tumorali all’avanguardia derivati dai pazienti, sull’implementazione di strategie ‘intelligenti’ per lo screening di farmaci e sulla creazione di un ecosistema che favorisca il confronto e lo scambio delle conoscenze.

La sfida

Le terapie anti-cancro

Contro il cancro esistono oggi diversi tipi di terapie. La scelta del trattemento o della combinazione di trattementi da offrire al paziente viene effettuata  tenendo conto del tipo di tumore e dello stadio di sviluppo della malattia.

Le principali opzioni terapeutiche comprendono:

- la rimozione chirurgica della massa tumorale dall’organismo;

- l’impiego locale di dosi elevate di radiazione finalizzato all’uccisione delle cellule tumorali e alla riduzione della massa tumorale;

- l’impiego di terapie farmacologiche sistemiche che possono

  • uccidere le cellule che proliferano attivamente (chemoterapia),
  • aiutare il sistema immunitario a distruggere le cellule tumorali (immunoterapia),
  • prendere di mira e inattivare tratti molecolari specifici delle cellule tumorali che ne determinano la proliferazione e la disseminazione (terapie a bersaglio molecolare), oppure
  • uccidere o bloccare quelle cellule tumorali la cui crescita dipende da segnali ormonali (terapie ormonali contro i tumori alla mammella e alla prostata).

Nonostate gli enormi progressi realizzati nella cura del cancro negli ultimi decenni, però, la capacità delle cellule tumorali  di resistere tanto ai trattamenti chemioterapici classici quanto alle terapie più innovative, rimane una delle sfide più grandi.

L’insensibilità delle cellule tumorali ai trattamenti può essere una caratteristica intrinseca del tumore o può insorgere in seguito alla terapia. In entrambi i casi, essa è responsabile della maggior parte delle recidive di malattia e delle morti per cancro.

Ma perché le cellule tumorali sono in grado di resistere?

La resistenza dei tumori alle terapie

Oggi si conoscono diversi fattori che influenzano la chemiosensibilità e la resistenza delle cellule tumorali alle terapie farmacologiche.

La resistenza come caratteristica intrinseca
I trattamenti con chemioterapici o con farmaci a bersaglio molecolare possono risultare scarsamente efficaci a causa della presenza, all’interno della massa tumorale, di sottopopolazioni di cellule neoplastiche insensibili, portatrici di mutazioni in geni importanti per la crescita del tumore e/o per la risposta cellulare alle sostanze chimiche. Alcuni dei geni coinvolti in questi fenomeni sono stati identificati, tra di essi si contano geni coinvolti nel controllo dell’accumulo di sostanze all’interno della cellula, nei processi di riparazione del DNA o nei programmi di controllo dei processi che portano al suicidio cellulare.

La resistenza acquisita
Anche durante i trattamenti, però, possono insorgere nuove mutazioni e diverse alterazioni che possono sconvolgere l’espressione di svariati geni e vie di segnalazione e possono portare alla modificazione dei bersagli molecolari attraverso cui agiscono i farmaci.

Tutto questo, trasforma cellule tumorali inizialmente sensibili ai trattamenti in cellule resistenti.
Non solo le mutazioni producono questi effetti, ma anche tipi diversi di alterazioni che vanno a colpire il modo in cui il DNA viene impacchettato per formare le strutture ordinate della cromatina.

Il microambiente tumorale
Un altro aspetto importante da considerare riguarda il fatto che i tumori non sono fatti di sole cellule cancerose. Come componente chiave bisogna considerare anche l’ambiente che circonda le cellule tumorali e che comprende anche diversi altri tipi di cellule, come i fibroblasti e le cellule del sistema immunitario, la matrice extracellulare con le fibre di collagene e varie molecole segnale, i vasi sanguigni e altro. Tutti questi elementi comunicano con le cellule tumorali e contribuiscono in qualche modo a determinare la risposta del tumore alla terapia.

Per esempio, la presenza di un microambiente tumorale molto rigido e fibrotico, è associata a una ridotta diffusione del farmaco all’interno della massa tumorale e all’attivazione di segnali oncogenici a loro volta associati all’insorgenza resistenze.

Il sistema immunitario dell’organismo ha potenzialmente la capacità di bloccare lo sviluppo dei tumori perché sa riconoscere ed eliminare le cellule tumorali emergenti. Le cellule maligne, però, possono anche diventare in grado di sfuggire a questo controllo, manipolando i checkpoint immunitari e favorendo, quindi, la creazione di un microambiente tissutale che sopprime la risposta immunitaria. Una simile condizione è associata allo sviluppo del tumore e alla sua insensibilità ai trattamenti con farmaci immunoterapici.

Modelli per studiare la farmaco resistenza nei tumori

Capire meglio i meccanismi biologici alla base delle resistenze alle terapie è fondamentale per riuscire a migliorare le diverse strategie terapeutiche e la prognosi dei pazienti.

Studiare la farmaco resistenza rappresenta una sfida nella sfida.

Diversi ricercatori in tutto il mondo sono impegnati nello sviluppo di sistemi per lo studio dei meccanismi di farmaco resistenza dei tumori. Imitare le condizioni in cui si trovano i tumori all’interno dell’organismo del paziente aiuta a ricapitolare gli eventi biologici che lo caratterizzano in vivo e a disegnare approcci terapeutici innovativi e più efficaci.

Organoidi e sferoidi

I sistemi cellulari in 3D derivati dalle cellule dei pazienti, come gli organoidi tumorali e gli sferoidi, sono  tra i più moderni modelli di malattia e rappresentano strumenti chiave per riprodurre e studiare un tumore in laboratorio, in condizioni che siano rappresentative e informative di ciò che accade all’interno dell’organismo del paziente.
Gli organoidi tumorali derivano esclusivamente dalle cellule staminali tumorali presenti nel tumore d’origine. In coltura, queste danno origine a cellule tumorali che si diversificano. Questo tipo di sistemi può essere mantenuto in coltura per periodi lunghi, anche per diversi mesi.
Gli sferoidi, invece, sono sistemi in cui è presente un mix di cellule tumorali e cellule di diverso tipo, prelevate dal microambiente tissutale in cui si trovava il tumore d’origine nell’organismo. Queste vengono coltivate insieme per un breve periodo di tempo (che può andare da 3 a 6 settimane).

Questi sistemi imitano in vitro il modo in cui, in vivo, si organizzano strutturalmente i tumori solidi, come si stratificano le cellule all’interno della massa tumorale e dei tessuti, riproducendo i gradienti di nutrienti e di ossigeno, le interazioni fisiche tra cellule, la polarità, i profili di espressione dei geni e, nel caso degli sferoidi, l’ambiente tissutale d’origine. È ormai noto che i sistemi cellulari 3D rispondono ai trattamenti farmacologici mettendo in gioco meccanismi di risposta e di resistenza molto simili a quelli osservati in vivo nei tumori solidi.

Altri sistemi utilizzati come modello nelle ricerche sono le linee cellulari tumorali. Queste permettono di realizzare indagini approfondite e sono molto utili per studiare in dettaglio le vie molecolari o per realizzare screening. Esse, però, non sono rappresentativi della multicellularità dei tumori, non permettono di valutare il ruolo del microambiente in cui le cellule tumorali si trovano nel tessuto e possono fornire solo informazioni parziali sulla risposta delle cellule ai trattamenti.
Un’alternativa è il trapianto di tessuti tumorali umani nel topo (i cosiddetti xenotrapianti tumorali da paziente). Questo modello manifesta tratti fisiologici più simili al tumore d’origine e permette di fare predizioni sulla risposta clinica del paziente alle terapie. L’efficienza di realizzazione degli impianti di tessuto tumorale, però, è bassa; la procedura è molto dispendiosa da un punto di vista economico, prevede tempi lunghi di attuazione e l’utilizzo di animali da laboratorio.

Gli organoidi e gli sferoidi tumorali da paziente, invece, rappresentano alcuni dei sistemi più promettenti per mimare il tessuto tumorale d’origine. Si possono generare e propagare con grande efficienza. Possono essere crioconservati in azoto liquido e, dopo scongelamento, possono essere nuovamente utilizzati in ricerca, permettendo di realizzare importanti analisi a livello di singolo paziente.

 

L'eredità di PreCanMed

I partner del Progetto p-care stanno lavorando per sviluppare questi modelli di malattia e per utilizzarli nella ricerca sulla farmaco resistenza dei tumori.

Non siamo partiti da zero. Le basi per p-care le ha costruite un’iniziativa Interreg Italia-Austria precedente, il progetto PreCanMed, finanziato come p-care dal Fondo per lo Sviluppo Regionale dell’UE.

PreCanMed ha prodotto diversi importanti risultati, tra cui:

-  lo sviluppo a livello interregionale della tecnologia degli organoidi tumorali da paziente, come sistema modello all’avanguardia per studiare le malattie tumorali,

- la raccolta di dati genomici sugli organoidi da paziente collezionati,

- la messa a punto, e la condivisione con un’ampia comunità di ricercatori interessati, di procedure e protocolli standardizzati per la generazione di organoidi e

- la creazione di una biobanca interregionale di organoidi tumorali e materiale bioptico da paziente.

Facendo tesoro di tutto questo, utilizzeremo i sistemi cellulari 3D per studiare e vincere la resistenza dei tumori alle terapie.

Comprendere la farmaco resistenza

I sistemi che p-care sta sviluppando, gli organoidi tumorali e gli sferoidi, sono in grado di mimare non solo le caratteristiche del tumore, ma anche la complessità del tessuto d’origine, all’interno del quale il tumore si sviluppa, e anche la risposta immunitaria del paziente.
Questi sistemi verranno trattati con farmaci e ne verrà valutata la risposta al trattamento; le cellule resistenti verranno isolate  e analizzate con tecnologie omiche e con la bioinformatica, al fine di identificarne i tratti molecolari associati alla farmaco resistenza. Proprio questi tratti, poi, potranno rivelare nuovi talloni di Achille del tumore ed essere utilizzati per sviluppare trattamenti specifici, che abbiamo come bersaglio i punti deboli del tumore.

Screening di farmaci

Una volta sviluppati, gli organoidi e gli sferoidi saranno sistemi modello che presenteranno i tratti molecolari fondamentali del tessuto tumorale d’origine. Essi verranno utilizzati per mettere in atto diverse strategie di screening di composti per l’identificazione di nuovi farmaci.

Farmaci candidati

Le analisi bioinformatiche dei dati omici prodotti sugli organoidi e sugli sferoidi permetteranno di identificare alcune delle vie molecolari che mediano la resistenza dei tumori all’immunoterapia o alla chemioterapia. Saranno proprio queste vie a essere prese di mira. Attraverso la bioinformatica, infatti, saremo in grado di identificare, per ogni sistema cellulare derivato da paziente, una serie di farmaci potenzialmente attivi nel bloccarle. Questi composti verranno testati in combinazione con le terapie standard per verificarne la capacità di limitare la crescita di organoidi e sferoidi da paziente attraverso un aumento della sensibilità delle cellule tumorali all’immunoterapia o alla chemioterapia.

Il riposizionamento di farmaci

Per trovare nuovi composti chimici in grado di bloccare la farmaco resistenza dei tumori, in p-care si punta molto anche sulla strategia di testare farmaci già approvati e in uso per altre patologie, allo scopo di verificare se siano in grado di indurre la risensibilizzazione delle cellule tumorali ai trattamenti chemioterapici (o con immunoterapia).

In poche parole, questo approccio, detto riposizionamento dei farmaci, consiste nel cercare e trovare nuovi impieghi a vecchi farmaci,  al di fuori delle indicazioni terapeutiche per cui, in origine, sono stati approvati.

Ma perché un farmaco contro l’ipercolesterolemia, per esempio, dovrebbe essere in grado di bloccare la crescita delle cellule tumorali?

Per la maggior parte dei farmaci in uso, si conosce solo un numero limitato di bersagli indiretti o di meccanismi d’azione all’interno delle cellule. Ciò significa che quando vengono studiati in contesti diversi da quelli per cui originariamente erano stati sviluppati, possono rivelare nuovi potenziali effetti.

Un esempio emblematico è dato dalle statine. Si è scoperto, infatti, che questi, come anche altri inibitori della via metabolica del mevalonato, non solo sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue, ma agiscono anche esercitando un effetto di inibizione su alcuni determinanti chiave dello sviluppo tumorale e dei processi di metastatizzazione. Attualmente, sono in corso diverse sperimentazioni cliniche per valutare l'effetto delle statine nella terapia antitumorale.

Il riposizionamento dei farmaci è sempre più considerato un approccio promettente. Offre molti vantaggi rispetto alla strategia di partire da zero nello sviluppo di un farmaco: è meno rischioso e più veloce perché, per ogni composto di interesse, è già stato fatto molto del lavoro preclinico e clinico che ne valuta i parametri di sicurezza.

In p-care, verranno testate diverse collezioni di farmaci già in uso. L’effetto dalla combinazione di questi farmaci con farmaci chemio- o immuno-terapici verrà investigato utilizzando quei sistemi cellulari derivati da paziente (organoidi e sferoidi) che, dalle varie analisi, saranno risultati resistenti alle terapie.

Verso la personalizzazione delle terapie

Sistemi cellulari derivati dai pazienti, strategie intelligenti per lo screening di farmaci, tecnologie innovative come le omiche e tante altre permettono di condurre  indagini che prima era impossibile realizzare a livello di singolo paziente.

p-care utilizzerà tutti questi strumenti al fine di accelerare lo sviluppo di approcci terapeutici personalizzati e migliorare l’efficacia delle terapie anti-cancro.